La nostra storia
Matera, 8 maggio 1979: La nascita dell’Associazione
«Entrando nell’atrio dell’ospedale Civile di Matera si capì subito che la “cosa” stava andando per il meglio: tante voci, richiami, saluti, sorrisi e strette di mano!
Gremiti di gente il corridoio, le scale, e l’aula della Biblioteca del vecchio padiglione ospedaliero. I posti a sedere erano tutti occupati e si stavano esaurendo anche quelli in piedi. In fondo alla lunga stanza stavano appostando i fari, si distribuivano i microfoni con lunghi fili… erano quelli della RAI.
Alle 9 il notaio, solenne come si conviene, fa il suo ingresso nella Biblioteca. Il tavolo si riempì di carte, le sedie furono occupate da signori solenni e compassati.
“In nome del popolo italiano, la seduta è aperta…” Si lodò l’iniziativa, si magnificò il momento, si fece l’appello dei soci fondatori.
“Signori, silenzio!” ammoniva il notaio e il brusio cessò nella sala come d’incanto.
Ogni volta che veniva chiamato a firmare un socio fondatore gli applausi furono tanti e ripetuti…» così ricorda Angelo Di Venere, pioniere della donazione, trasfusionista e promotore della costituenda Associazione Donatori Volontari Sangue della provincia di Matera (A.D.Vo.S.).
Era stato proprio lui, Angelo Di Venere, il promotore dell’iniziativa avendone valutata l’urgenza e la necessità. Infatti, nel 1972 veniva organizzata nell’ospedale Civile di Matera la Banca del Sangue per far fronte ai tanti bisogni trasfusionali derivanti dalla presenza di numerosi talassemici (che fino ad allora e anche dopo, erano costretti a recarsi a Bari o a Taranto per le ripetute trasfusioni di cui avevano bisogno), dell’accresciuta attività operatoria e dai progressi della medicina che adoperava sempre più sangue per la cura di varie malattie.
L’incarico di seguire le attività del nuovo reparto, nei primi mesi, fu affidato a rotazione a medici distaccati dai vari reparti ospedalieri. Ma la cosa non funzionò e l’allora Direttore Sanitario pensò di distaccare dal reparto di urologia, dove era impegnato, il giovane Angelo Di Venere che dovette occuparsi della costituenda Banca del Sangue (allora così chiamata) profondendo impegno, passione e professionalità. Subito si rimboccò le maniche e iniziò a verificare lo stato dell’arte del sistema trasfusionale allora presente.
Valutò subito le negatività maggiori: scarso il numero dei donatori attivi e presenti, consistente presenza di datori di sangue, di persone che a pagamento offrivano di dare il loro sangue dietro compenso.
I locali che furono assegnati alla Banca del Sangue, un sottoscala con due stanzoni, e quindi a chi vi operava per svolgere l’attività sanitaria, non fecero desistere il dr. Di Venere dall’impegno e da missionario laico prese a girare scuole, uffici, aziende per promuovere la donazione di sangue volontaria, anonima e periodica.
1973/76: Gli albori della donazione volontaria nel materano
Il dr. Di Venere si rese subito conto che la sola città di Matera non poteva bastare a soddisfare il bisogno nella disponibilità di sangue che l’ospedale richiedeva.
Fu così che cominciò a fare pressioni sull’amministrazione ospedaliera per convincere il direttore sanitario, il sensibile dr. Michele Padova, all’acquisto di un’autoemoteca che potesse consentire di girare per paesi, fiere, feste patronali e luoghi di aggregazione che potevano costituire occasione per promuovere il dono e per raccogliere sacche di sangue.
La sensibilità del direttore sanitario e il progetto avanzato dal dr. Di Venere giunsero a buon fine, fu acquistata un’autoemoteca che riuscì a raggiungere i comuni della provincia di Matera e i giovani del nascente tessuto industriale del polo chimico della Val Basento, dell’Enea, della Ferrosud.
Anche gli uffici della città di Matera diedero il loro contributo di unità di sangue raccolto. Infatti vari gruppi di donatori nacquero intorno a figure di donatori che operavano in quei luoghi di lavoro: negli uffici dell’amministrazione provinciale di Matera con l’esempio e l’incitamento del segretario generale, dr. Giuseppe Iaculli, fondatore e promotore dell’A.D.Vo.S., si costituì un nutrito gruppo di donatori, così come nell’ufficio della polizia municipale di Matera intorno al generoso Peppino Cirillo, così come nell’ufficio provinciale delle Poste con il dr. Giuseppe Guarini, nell’ufficio della motorizzazione civile con l’ing. Giorgio, negli uffici finanziari con il dr. Antonio Palumbieri.
1976/1985: L’autoemoteca per raggiugere i donatori
L’attività con l’autoemoteca produsse i suoi frutti positivi, sia in termini di promozione sul territorio, sia in termini di raccolte aggiuntive che accrebbero la disponibilità nell’ospedale.
Con l’autoemoteca sono state realizzate 324 giornate di donazione, quasi tutte in giornate prefestive, festive o di fiere e feste. Con questo automezzo in totale sono state raccolte 3.500 unità di sangue.
Nei primi anni di attività, nei comuni della provincia, si sono effettuati presso l’autoemoteca anche le determinazioni dei gruppi sanguigni e il fattore Rh. Sono stati richiesti ed eseguiti oltre 2.500 gruppi e fattori Rh. Ma quello che risaltò, fu la mancanza a fianco degli operatori dell’allora Banca del Sangue, di un’organizzazione che potesse promuovere sul territorio e nelle comunità la donazione del sangue, che potesse contribuire a organizzare le giornate di raccolta e la chiamata dei donatori.
Il colpo di grazia alla ormai vetusta autoemoteca fu dato dal propagarsi dell’AIDS, di quella terribile malattia che doveva essere debellata accrescendo la sicurezza e aumentando le cautele nell’accettazione dei donatori occasionali.
L’emergente era della infezione HIV, dopo 120 mesi di onorato servizio, ha mandato in disuso l’autoemoteca nel 1985.
1979/80: I primi passi dell’A.D.Vo.S.
L’attività con l’autoemoteca produsse i suoi frutti positivi, sia in termini di promozione sul territorio, sia in termini di raccolte aggiuntive che accrebbero la disponibilità nell’ospedale.
Con l’autoemoteca sono state realizzate 324 giornate di donazione, quasi tutte in giornate prefestive, festive o di fiere e feste. Con questo automezzo in totale sono state raccolte 3.500 unità di sangue.
Nei primi anni di attività, nei comuni della provincia, si sono effettuati presso l’autoemoteca anche le determinazioni dei gruppi sanguigni e il fattore Rh. Sono stati richiesti ed eseguiti oltre 2.500 gruppi e fattori Rh. Ma quello che risaltò, fu la mancanza a fianco degli operatori dell’allora Banca del Sangue, di un’organizzazione che potesse promuovere sul territorio e nelle comunità la donazione del sangue, che potesse contribuire a organizzare le giornate di raccolta e la chiamata dei donatori.
Il colpo di grazia alla ormai vetusta autoemoteca fu dato dal propagarsi dell’AIDS, di quella terribile malattia che doveva essere debellata accrescendo la sicurezza e aumentando le cautele nell’accettazione dei donatori occasionali.
L’emergente era della infezione HIV, dopo 120 mesi di onorato servizio, ha mandato in disuso l’autoemoteca nel 1985.
1981/1993: Le prime difficoltà
Le attività del Centro Trasfusionale di Matera proseguivano sotto la guida appassionata del dr. Angelo Di Venere che cercava di accrescere qualità, sicurezza e quantità di sangue per tutte le attività trasfusionali.
Le attività associative risentivano di qualche disagio derivante dal ruolo politico sempre più marcato del primo presidente dell’A.D.Vo.S., Emilio Nicola Buccico che diventava segretario politico e consigliere regionale, e a un minor impegno di alcuni componenti del Direttivo che non faceva seguire le pratiche relative alla convenzione, all’accreditamento, al riconoscimento giuridico con il dovuto impegno e sfociò nel 1984 nella decisione di nominare un commissario individuato nella persona del dr. Ovidio Trilli.
Il periodo del Commissariamento durò fino al 1988 e fu utilizzato dal dr. Trilli per mettere ordine nelle carte dell’A.D.Vo.S., prima di tutto per farle ottenere il riconoscimento giuridico da parte della Regione Basilicata, poi per la stipula di una convenzione con l’Unità Sanitaria Locale, venne intensificata l’attività di promozione e propaganda per migliorare la coscienza trasfusionale tra tante difficoltà e molta diffidenza.
Nel gennaio del 1988 l’assemblea dei soci eleggeva presidente dell’A.D.Vo.S. Bice Porcari. La sua presidenza è connotata da una scarsa collaborazione del gruppo dirigente, dalla crisi sempre più severa del polo industriale della Val Basento che tra cassa integrazione e chiusura di fabbriche e fabbrichette finisce per impoverire sempre più il contributo di donazioni che giungono al Centro Trasfusionale. E c’è anche un elemento nuovo, la nascita e l’espansione della consorella Avis che sulla crisi dell’A.D.Vo.S. costruisce la sua espansione e il suo proselitismo.
1994: La rinascita associativa
Ormai i contatti tra la presidenza dell’A.D.Vo.S. e i gruppi della provincia erano ridotti al lumicino, mancavano iniziative di proselitismo, di promozione e di informazione. La donazione era un rito che continuavano a esercitare uno sparuto gruppo di vecchi donatori. La realtà più viva e attiva era costituita dal gruppo donatori sangue di Grassano che continuava con impegno e periodicità la sua attività senza però avere riscontri dal livello provinciale associativo.
Antonio Bronzino, presidente del gruppo donatori di Grassano cominciò a esercitare pressione sulla presidente Porcari affinché si convocasse il direttivo per discutere dello stato dell’arte associativo, di programmazione, di futuro. Le cifre delle raccolte sangue a metà dell’anno 1994 erano impietose: Matera 27 unità di sangue raccolte; Tri.Do.Sa 14 unità di sangue; Grassano 85.
A quel punto la presidente Porcari rassegnò le sue dimissioni e la carica passò ad Antonio Bronzino che era vicepresidente.
Era rimasto poco o niente di quanto era stato fatto in precedenza, bisognava rifondare l’Associazione che aveva utilizzato per le raccolte di sangue il bacino costituito degli uffici e soprattutto dalle aziende della Val Basento, di Matera, di Policoro che con le giovani maestranze avevano assicurato disponibilità e generosità.
Ora la crisi stridente della Val Basento aveva messo in discussione tutto, non c’era più l’autoemoteca per effettuare le raccolte davanti alle fabbriche, ma le fabbriche stesse avevano subito un forte ridimensionamento con cassa integrazione, chiusura di reparti, riduzione di personale.
1995/1998: Il nuovo modello organizzativo
Andò a ritrovare i donatori che aveva conosciuto sulle poltrone della donazione o nei pochi incontri a cui aveva partecipato e tra questi trovò alcune persone disposte a rimboccarsi le maniche: Nicola Altieri, Antonio Lomele, Angela Dragone, Franceschino Mutidieri, Don Filippo Lombardi, Pino Passarelli, Mimmo Stigliano, Paolo Ettorre, Ettore Massari.
Furono questi che costituirono il primo direttivo che ripensò il modello organizzativo che non poteva più basarsi sulle raccolte nelle fabbriche ma doveva radicarsi nelle comunità e nei territori. Il nuovo impulso e l’attivismo ebbero subito frutti positivi che furono un sicuro incoraggiamento per il nuovo gruppo dirigente.
Fu ingaggiata una dura battaglia con le Aziende sanitarie di Matera e Montalbano Jonico che avendo visto scadere la convenzione non corrispondevano più i contributi all’A.D.Vo.S. Inoltre, mancava una sede fisica in cui operare e assistere i donatori che per la maggior parte donavano presso il Centro Trasfusionale di Matera.
Dopo vari incontri, il nuovo direttore generale dell’ASL di Matera, il socio fondatore dell’A.D.Vo.S. Vincenzo Dragone, trovò il modo di darci uno spazio in cui operare ma in condivisione con la consorella Avis. Non era proprio il massimo per la privacy e per il proselitismo, ma ottenemmo una stanza in cui avevamo un telefono, un armadio, una scrivania e dove la nostra segretaria Angela Dragone poteva chiamare i donatori e assisterli dopo la donazione.
Risolti questi problemi impellenti si cominciò a pensare a espandersi nelle comunità della provincia di Matera dove non esistevano altre associazioni del dono e dove c’erano persone che avevano già incontrato l’A.D.Vo.S.
Le sedi che erano rimaste attive con l’A.D.Vo.S. erano quelle di Matera, della Tri.Do.Sa e Grassano. Troppo poco per fare squadra e numeri che consentissero al Centro Trasfusionale di assolvere in pieno al suo ruolo e assicurare scorte ai reparti ospedalieri.
La prima pista che si cominciò a battere fu quella di Irsina dove alcuni giovani medici, Nicola Dilillo, Isa Capezzera e Luigi Tarantino, mostrarono subito attenzione e disponibilità e avviarono una campagna di proselitismo che nel 1995 sfociò nella costituzione della sezione A.D.Vo.S. di Irsina con presidente il dr. Nicola Dilillo e che subito iniziò a fare le donazioni presso il Poliambulatorio di Irsina e in quell’anno furono raccolte le prime 32 sacche di sangue.
Era quello il nuovo modello organizzativo dell’A.D.Vo.S. che uscita dalle fabbriche cominciava a strutturarsi nei comuni, non più le raccolte in autoemoteca, ma i distretti sanitari sostituivano l’autoemoteca e offrivano un maggiore comfort e una maggiore sicurezza igienica e sanitaria.
Così si continuò a setacciare la provincia e nel 1996 furono aperte le sezioni di Miglionico, Montalbano Jonico e Rotondella. Erano comuni nei quali il germe dell’A.D.Vo.S. era stato presente e attivo con donatori esemplari che avevano fatto la storia dei primi anni dell’associazione. A Miglionico il dr. Alfredo Cinnella, Giuseppe Comanda, don Mario Spinello, l’arciprete della comunità, e tanti altri giovani costituirono la sezione di Miglionico. A Montalbano Jonico lo storico donatore Don Filippo Lombardi con Ninetta Lunati, Letizia Labriola, Tonino Torsello, Leonardo Labriola, Egidio Carlucci, Gigino Troyli, Donato Camardi e Anna Lucia De Mare iniziarono questa bella pagina di storia di impegno civile e sociale che ancora oggi dispiega il suo portato di generosità.
A Rotondella, dove vivevano e operavano numerosi donatori della Tri.Do.Sa, fu facile trovare terreno fertile perché a questa storica tradizione si unì l’entusiasmo di Maria Rapanaro, Vincenzo Morano, Francesco Accettura, Fulvia Resta, Antonio Accettura, Paolo Laguardia, Leonardo Rina, Vincenzo Francomanno, Giuseppina Iorio, Rosanna Tito, Antonio Di Vincenzo. Anche quella di Rotondella è una bella realtà che se pure ha vissuto momenti difficili per la prematura scomparsa dei due presidenti storici, ha saputo trovare la forza per rigenerarsi e andare avanti sempre meglio.
Nel 1997, intorno all’attivissimo Pino Passarelli si unì un gruppo di giovani metapontini, Cosimo Sellitti, Mario Di Canio, Cesarea Quarta, Michele Quarato, Maria Cinzia D’Urso, Gaetano Lopapa, Maria Continanza che diedero vita a questa bella iniziativa che ha accresciuto nel Borgo di Metaponto cittadinanza attiva e capitale sociale, che ha offerto alla piccola comunità una risorsa che ha saputo fare rete con tutte le espressioni dell’associazionismo locale, la Pro Loco, la parrocchia e i vari gruppi che operano in Metaponto.
Il 1997 è anche un anno importante: dopo più di dieci anni l’A.D.Vo.S. torna a raccogliere più di 1000 sacche di sangue in un anno.
E da lì che prende slancio l’attività associativa che nel 1998 vede l’apertura di altre due sezioni: una a Salandra e una a Colobraro. A Salandra per iniziativa di Rocchina Gagliardi, della mitica dr.ssa Uricchio, del dr. Dinnella. di Teresa Russo, Pierino Ragone, Achille Palma si costituisce una sezione che negli anni dispiega il suo potenziale di raccolte sangue e attivismo sociale. A Colobraro Alessandro D’Allitto, già donatore presso la sezione A.D.Vo.S. Grassano, raduna un gruppo di amici e inizia a organizzare le raccolte in quella comunità.
Primi risultati significativi
– al paziente ricoverato non viene più richiesto il predeposito o la restituzione del sangue utilizzato;
– i donatori sono quasi tutti appartenenti ad associazioni e quindi donano con periodicità, sono più controllati e assicurano unità di sangue più sicuro rispetto ai donatori occasionali;
– sui donatori si effettuano controlli periodici attraverso RX al torace ed ECG con visita cardiologica che sono vere e proprie attività di medicina preventiva;
– il mercato nero del sangue, quello dei datori a pagamento, è completamente debellato e rimane una pagina nera del passato;
– si avvia nell’ospedale Civile di Matera intorno al 1994 la pratica della plasmaferesi e dell’autodonazione che assicurano maggiore disponibilità di sangue e sono utili per una trasfusione mirata e più sicura.
Accanto a tutto ciò, nella nostra regione, rimane pur sempre insufficiente la raccolta di sangue e, anche se in minore quantità rispetto al passato, si importano da 1500 a 2500 sacche di sangue da altre regioni (Emilia Romagna e Veneto) che generosamente lo offrono.
1994: L’organizzazione della raccolta associativa
Fu così che la Regione Basilicata, in seno al Comitato Tecnico per i problemi del sangue, prese atto della situazione esistente e autorizzò con proprio atto deliberativo del 24/11/1994 quelle sedi comunali dove esistevano consistenti e strutturati gruppi di donatori di sangue, sedi di distretti sanitari che disponevano di locali idonei dal punto di vista igienico, strutturale e che fossero dotati di servizi.
Queste disposizioni accrebbero la possibilità dei donatori di rendersi disponibili alla donazione, di abbattere i tempi per raggiungere la sede di raccolta sangue, di abbattere i tempi di attesa nel punto prelievi, di creare un clima di fiducia e di socializzazione che fidelizzavano il donatore.
1996: L’adesione alla Fidas nazionale
L’A.D.Vo.S. ormai era una realtà nel panorama dell’associazionismo lucano e nell’associazionismo del dono nel quale offriva il suo contributo in termini di sacche donate e di partecipazione attiva ai tavoli di concertazione (Comitato Tecnico Regionale per i problemi del sangue, Comitati per il buon Uso del Sangue, Comitati di Partecipazione), aveva stabilito un solido rapporto con alcuni Centri Trasfusionali, aveva bisogno di trovare un referente nazionale che potesse inserire nel contesto nazionale il lavoro e le iniziative dell’A.D.Vo.S.
Si aprì una discussione interna che portò a valutare attività, struttura e programmi delle associazioni che operavano in campo nazionale.
Prevalse l’idea di aderire alla Fidas, a una Federazione, perché questo coincideva con la visione iniziale di Angelo Di Venere e Antonio Gerardi che vedevano la federazione come la forma più appropriata per garantire ai gruppi territoriali protagonismo e autonomia piuttosto che entrare in una associazione verticistica che avrebbe calato dall’alto scelte, programmi e iniziative. Fu così che nel maggio del 1995, l’allora presidente dell’A.D.Vo.S., si recò in incognito al Congresso nazionale della Fidas che quell’anno si teneva a Ravenna. Tornò entusiasta delle tre giornate vissute pienamente in quel di Ravenna tra discussioni appassionate sull’organizzazione dei servizi trasfusionali, modalità e iniziative per fare proselitismo, organizzazione interna delle federate Fidas e, per ultimo, la grande manifestazione che ogni anno si svolge a conclusione dei lavori congressuali: la Giornata del Donatore che vede la partecipazione di migliaia di donatori provenienti da tutte le regioni d’Italia che con gioia sfilano, partecipano alla Santa Messa del Donatore, ascoltano i discorsi del presidente nazionale e delle autorità presenti.
L’entusiasmo dell’esperienza ravennate coincise con i contatti che la presidente della Fpds-Fidas di Puglia, Rosita Orlandi, lucana di origine, intraprese per il tramite del dr. Palumbieri, già donatore a Matera e a Bari dove era rientrato dopo il servizio prestato presso gli Uffici Finanziari di Matera. La prof.ssa Orlandi prese contatti e insisté per un incontro in tempi brevi per proporci l’adesione alla Fidas.
Una sera di novembre 1995, Antonio Bronzino, Angelo Di Venere e Franchino Vignola si recarono a Bari presso la sede FPDS-Fidas dove incontrarono la prof.ssa Orlandi accompagnata da qualche suo collaboratore. L’incontro fu cordiale, fu come ci si tratta in casa Fidas, fraterno, fatto di ricordi della sua amata Irsina, di cenni di attività e modelli organizzativi Fidas! Ci fu l’impegno a riparlarne negli organismi associativi dell’A.D.Vo.S. e a far avere una risposta in tempi brevi, mentre la prof.ssa Orlandi già proponeva nuovi incontri con il vicepresidente nazionale, il salentino Italo Gatto.
In un direttivo del dicembre 1995 si decise di aderire alla Fidas e di dare mandato al presidente di mantenere i contatti con gli organismi della Fidas. Vi fu l’incontro con il vicepresidente Gatto il quale dopo convenevoli e chiarimenti comunicò che qualora ci fosse disponibilità ad aderire alla Fidas occorreva formalizzare la richiesta al consiglio direttivo della Fidas nazionale accompagnato dalla copia dello statuto, del regolamento e da una relazione da cui si potessero evincere tutti i dati utili dell’associazione: numero di soci, numero di donazioni effettuate negli ultimi tre anni, relazione sulle attività svolte e sui programmi in essere.
Così di lì al mese di febbraio 1996 fu preparata la richiesta, la relazione, la copia dello statuto, del regolamento, la copia del bilancio e fu inoltrato tutto a Torino dove risedeva il presidente dell’epoca il professor Dario Cravero, affermato chirurgo con un passato di senatore della Repubblica.
Non tardò ad arrivarci la risposta che ci diceva che la pratica era stata affidata al dr. Giudici, segretario nazionale, che l’avrebbe istruita e portata al consiglio direttivo nazionale del 2 maggio 1996 che si sarebbe tenuto in Roma in occasione del congresso nazionale a cui invitarono una delegazione dell’A.D.Vo.S.
Il 2 maggio del 1996, a 17 anni dalla sua costituzione, l’A.D.Vo.S.della provincia di Matera entra a far parte della grande famiglia dei donatori Fidas, 400.000 donatori sparsi in 16 regioni italiane.
Fu uno stimolo importante partecipare al Congresso con una delegazione formata da Antonio Bronzino, Alfredo Cinnella, Vincenzo Denisi e Giuseppe Pontillo che tornò a casa con visioni e progetti significati.
1999: Verso l’apertura di nuove sedi Fidas nel potentino
Dal 1998 a Potenza cominciarono a donare presso il SIT del San Carlo i primi donatori Fidas che un po’ alla volta coinvolsero anche donatori della provincia. Primi fra tutti alcuni donatori provenienti da Vaglio Basilicata e da Brienza che, dopo un periodo di donazioni presso il Servizio Trasfusionale del San Carlo di Potenza, pensarono di costituire sezioni autonome nei rispettivi comuni.
Più tardi, nel 2008, fu la volta dell’apertura della Sezione Fidas Polizia di Stato di Potenza. Nel 2010 a Viggiano cominciarono le donazioni presso il Distretto Sanitario di Viggiano.
Nel 2011 si costituisce a Barile la sezione Fidas Barile, l’anno successivo avviano la loro attività le sezioni Fidas Atella e Fidas Rionero – oggi organizzate in un’unica sezione denominata Fidas Vulture che effettua le giornate di raccolta presso il Centro Regionale Oncologico di Rionero in Vulture.
Il 2012 vede anche l’avvio dell’attività donazionale nel comune di Fardella.
Nel 2013 è a Muro Lucano che si apre una nuova sezione Fidas.
Nel 2015 continua l’apertura delle sezioni Fidas nel Potentino con l’apertura delle sezioni di Fidas Venosa, Fidas Valdagri (Galaino di Marsico Nuovo), Fidas Laurenzana e Fidas Melfi che danno un contributo all’aumento delle donazioni nella nostra Regione.
IL TERZO MILLENNIO:
NOVITÀ, SFIDE E PROSPETTIVE
Con la testa e con il cuore si può andare ovunque è il titolo di un bel libro autobiografico di Giusy Versace, campionessa paralimpica e sostenitrice della Fidas. Con la testa e con il cuore è un racconto personale, ma è soprattutto la metafora che ci insegna ad affrontare momenti difficili e cambiamenti significativi per costruire un domani migliore.
E di un domani migliore c’è bisogno per le nostre comunità, per le giovani generazioni, per chi vive il disagio non solo economico ma anche sociale, per l’associazionismo che non trova sostegno e a volte non è ascoltato, per il volontariato del dono che è sempre chiamato a nuove sfide.
Il rapporto Fidas-Censis fotografa una situazione che non induce all’ottimismo, anzi per uscire dall’abbandono in cui siamo confinati, per superare il divario Nord/Sud che si fa sempre più accentuato, per frenare la fuga dalla sanità e dalle università del Mezzogiorno, per arginare il processo di desertificazione causato dalla denatalità e dalla disoccupazione, per innervare il territorio di infrastrutture e buona amministrazione, per creare, anche attraverso il ruolo e la presenza del volontariato e delle altre espressioni del terzo settore, occorre promuovere partecipazione, motivazione e speranza che sono alla base del meccanismo sociale e culturale che può produrre sviluppo e crescita.
L’associazionismo assume un significato importante nella vita di chi crede nel volontariato, vive la propria vita insieme agli altri e costruisce relazioni più ampie donando parte di ciò che ciascuno possiede: il proprio tempo, le proprie competenze e il proprio sapere, fino al dono di parte di sé come per il dono del sangue o degli organi o del midollo o delle cellule staminali.
Questo è per noi il volontariato consapevole ispirato ai valori che favoriscono il bene comune e la coesione sociale.
Abbiamo un grande ruolo nella società in cui operiamo per essere sempre sentinelle del territorio capaci di intercettare bisogni vecchi e nuovi e promuovere progetti di coesione sociale, abbiamo un grande ruolo nel sistema sanitario regionale e nazionale per essere risorsa che negli anni è stata capace di azzerare il deficit nella disponibilità di sangue, che ha sussidiato le nostre strutture sanitarie e i pazienti bisognosi di terapia trasfusionale e oggi sta facendo la sua parte per assicurare una quantità di plasma in grado di fornire farmaci plasmaderivati senza costi per il bilancio della nostra regione.
In sintonia con la Fidas nazionale, Fidas Basilicata sarà sempre impegnata a perseguire obiettivi di sicurezza e qualità in un mondo che non chiede più ai donatori solo cuore e amore ma un’organizzazione che assicuri il massimo dell’appropriatezza nelle cure per la tutela dei riceventi.
Su questo terreno è impegnata oggi più che mai la Fidas per consolidare la sua presenza in modo capillare sul territorio e concorrere così alla qualificazione del sistema trasfusionale e garantire a donatori e riceventi un trattamento omogeneo. La Fidas Basilicata ha conquistato negli anni un ruolo importante per la capacità di accrescere la sua presenza e per la qualità del suo essere volontariato interpretando i bisogni del sistema e proponendo soluzioni positive.
La ricerca Fidas/Censis ha chiaramente segnalato che il futuro della donazione potrebbe essere a rischio, occorre investire sui giovani, sulle donne e sui nuovi italiani perché maturino sensibilità e consapevolezza verso il dono del sangue e conoscano lo spirito di solidarietà che accomuna i donatori.
L’allungamento delle aspettative di vita, la denatalità, il divario tra i donatori che escono dall’attività donazionale e quelli che entrano non garantisce l’equilibrio del sistema e il Censis segnala che già nel 2020 potremmo trovarci con un 10-14% in meno di donatori.
È questa la sfida che ci aspetta da domani in avanti, è questa la sfida di donare e di donare quello che serve e quando serve, perciò occorre un rinnovato impegno nell’associazionismo del dono del sangue per informare e formare i nuovi donatori alle nuove frontiere del dono: sempre più donazione mirata di emocomponenti come il plasma o le piastrine, sempre più consapevolezza di donare nei mesi estivi che costituiscono ancora il periodo di maggiore emergenza.
Dobbiamo riscoprire lo spirito pionieristico degli anni della fondazione dell’Associazione, dobbiamo rimboccarci le maniche non solo per donare, ma anche per intraprendere un cammino nuovo che ci faccia essere al passo con i tempi e che ci faccia camminare nella nuova direzione della donazione mirata.
Dobbiamo essere più squadra, pur con le nostre diversità culturali, ideologiche, religiose e politiche, dobbiamo essere in grado di valorizzare le differenti sensibilità guardando all’obiettivo comune, al progetto associativo che deve essere in sintonia con le esigenze dei territori e delle popolazioni.
La Fidas Basilicata ha offerto un grande contributo al raggiungimento dell’autosufficienza nella disponibilità di sangue nella nostra Regione, vuole continuare a impegnarsi per i pazienti, per il servizio trasfusionale e sanitario con impegno, competenza e passione per un futuro migliore. Non possiamo decidere il nostro destino, possiamo decidere come affrontarlo… e noi vogliamo affrontare il destino amaro di questa nostra Terra con il cuore e con la mente, con l’impegno e la passione civile e sociale convinti come siamo che anche noi possiamo essere fattore di cambiamento e di speranza per un domani migliore, per le nuove generazioni e per la nostra Basilicata.
Questa Associazione ha creato in questi 40 anni di vita e di attività un ricco patrimonio fatto dalle decine di migliaia di unità di sangue e plasma raccolte a favore del servizio sanitario regionale e nazionale, dalle innumerevoli attività di informazione e formazione volte ai propri soci e alle comunità in cui operano, iniziative di carattere sanitario, culturale e sportivo, una rete di relazioni con istituzioni del territorio quali i comuni, le province, la Regione, le aziende sanitarie per le quali ha costituito un sostegno e un fattore di collaborazione e crescita, con una fitta rete di organismi del terzo settore (dalla Coop. La Traccia, all’Associazione Lams, dal Centro Studi Pragma, all’Associazione Aeop, dalla Fondazione Marina Sinigalia all’Associazione Basilicata Cori, dalla Corale Polimnia al Gruppo Lucano di Protezione Civile, dall’Associazione Iris all’Associazione Un cuore per l’Albania, dall’AIL di Potenza e Matera al Gruppo Vola di Protezione Civile, dagli Amici del Borgo La Martella alla Cooperativa sociale La Mimosa, dall’Associazione Nazionale Comuni d’Italia – Basilicata alla Fondazione Matera-Basilicata 2019, dall’Unitre di Muro Lucano al Consorzio di cooperative La Città Essenziale) con le quali ha interagito in molteplici attività a favore dei territori e con le quali ha promosso iniziative, giovandosi poi dell’adesione dei soci di questi enti per accrescere donatori e donazioni.
Attiva e continua è stata la partecipazione alle iniziative della Fidas nazionale dai congressi, agli interregionali, ai corsi di formazione, ai meeting e alle manifestazioni organizzate.
Questo ci ha consentito di stabilire forti legami di collaborazione e amicizia con tutte le federate del centro, sud e isole: un legame speciale con la vicina Puglia ci lega fin dall’ingresso in Fidas per i rapporti associativi e umani stabiliti in primo luogo con la Federazione Pugliese Donatori Sangue presieduta dall’amica Rosita Orlandi; con le federate calabresi e in particolare con Fidas Paola e Reggio Calabria; con la Fidas Campania; con la Fidas Lazio; con la Fidas Molise e con la Fidas Abruzzo, ma anche con federate del Nord.
La ricchezza delle relazioni con tante federate ci ha aiutato a sentirci parte del progetto Fidas sapientemente portato avanti dal presidente Aldo Ozino Caligaris.
